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prefazione dell’autrice


ai piedi dell’umanità incivilita e cristiana, implorando, inutilmente, compassione.

Ma il cuore della razza dominante che l’avea conquistata, il cuore degli aspri suoi padroni si mosse finalmente a pietà di lei; si comprese quanto sia più nobile ad una nazione il proteggere che l’opprimere i deboli: il commercio degli schiavi, come a Dio piacque, è abolito.

Lo scopo di questo racconto è svegliar simpatia, commiserazione per la razza africana quale esiste tra noi; svelare le loro angosce, i loro dolori sotto un sistema, così necessariamente crudele ed ingiusto, che tutti li sforzi de’ loro amici per alleviarli riescono a nulla.

L’Autrice di questo racconto dichiara sinceramente, che nello scriverlo non fu mossa da alcun astioso sentimento contro coloro che trovansi ben sovente, anche loro malgrado, impicciati in vertenze, in rapporti legali colla schiavitù.

L’esperienza lo ha dimostrato; come le anime anche più generose, come cuori bennati, si possano trovar sovente ravvolti in questi affari; e costoro, meglio d’ogni altro, son certi che per quanti fatti lacrimevoli si raccolgano in racconti simili a questo, non si giungerà mai a poterne dire la metà.

Negli Stati del Nord si potrà credere, per avventura, che questo racconto sia stranamente esagerato; ma in quelli del Sud, non v’ha persona che non possa attestarne la verità. L’Autrice si riserva dimostrare a suo tempo come abbia avuta personal conoscenza dei fatti stessi che prese a descrivere.

È dolce lo sperare che come scomparvero, col volger degli anni, altre nequizie, altre miserie dell’umanità, così verrà tempo in cui racconti di cotal fatta più non saranno apprezzati che quai semplici documenti storici d’un’epoca passata per sempre.

Quando una società civile e cristiana avrà potuto inaugurare sulle