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la capanna dello zio tom


mente tenterà farsi passare per bianco; ha il tergo e le spalle segnate da profonde cicatrici, e porta incisa nella mano destra la lettera H.

Darò quattrocento dollari a chi lo porta vivo, e la stessa somma, sopra prova soddisfacente che sia stato ucciso.»

Il vecchio gentleman lesse quest’avviso da capo a fondo, a voce bassa e quasi volesse impararlo a memoria.

Il nostro veterano, che tenea assediato, come dicemmo, un alare del camino, si drizzò sulle lunghe sue gambe, in tutta quanta l’altezza della persona, si avvicinò al cartellone e vi gittò sopra risolutamente una vera scarica di sugo di tabacco.

— «Ecco ciò che io ne penso!» diss’egli laconicamente e tornò a sedere.

— «Perchè fate così, straniero?» dimandò l’oste.

— «Farei lo stesso allo scrittore di quell’avviso, se egli fosse qui presente, — disse l’omaccione, rimettendosi tranquillamente a fumar tabacco. — Un uomo che possiede uno schiavo come quello, e nol sa trattare come conviene, merita di perderlo. Avvisi di cotal fatta sono una vergogna pel Kentucky; questa è la schietta mia opinione, se qualcuno desidera saperlo.»

— «Benissimo» disse l’oste, annotando alcun che nel suo registro.

— «Ho buon numero di schiavi, signore — riprese quegli, rinnovando i suoi assalti contro un alare del camino — e soglio dir loro: giovanotti, fuggite pure; su, andate dove vi piace! Non vi terrò dietro! A questo modo io li rattengo. Fate saper loro che possono fuggirsene quando che sia, e non ne sentono desiderio. Qualora la mia fortuna dovesse capitar male, ho fatto preparar per essi lettere d’emancipazione, e lo sanno; e vi assicuro, straniero, che nessun negro nelle vostre parti lavora con maggior impegno de’ miei. Li spedii cento volte a Cincinnati a vender cavalli, che costavan ciascuno cinquecento dollari, e tornavan sempre col prezzo della vendita. Tutto dipende dal modo di trattarli; se li trattate come cani, non ne avete che cani e lavoro da cani; se li trattate come uomini, avrete lavoro d’uomini.» E l’onesto educatore di negri avvalorò, nel calore del discorso, questi sentimenti morali con un getto di fumo infiammato che somigliava a un vero fuoco d’artifizio.

— «Credo che abbiate ragione, amico mio — disse il signor Wilson; — lo schiavo, ivi descritto, è certo di prima qualità. Lavorò sei anni per conto mio, nella mia fabbrica di sacchi, e ne era il miglior operaio. È un negro di molto ingegno; inventò una macchina per purgare la canapa, macchina importantissima, che si adopera in molte fattorie; il suo padrone ne fu patentato.»

— «Egli è proprietario della macchina — disse l’educatore di negri —