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cristallizzata; ma fuori di esso, e particolarmente sotto ad un prato del Seminario vi si scorgono racchiuse conchiglie fossili dello stesso colore e di eguale durezza della roccia. In Oira la cava di marmo nero che, come scrisse Cotta sulla testimonianza di Gaudenzio Merula, nei precedenti secoli, e prima che si scoprissero i marmi Comaschi, fu di molto pregio appresso i Duchi di Milano, poichè l’antica facciata di quel Duomo scaccata a marmi bianchi e neri, e che incominciata nel 1386 stette fino al 1683, ha dato molta celebrità a questi marmi; ed altre tre bianche in prossimità di Crabbia, di Miasino e di Cesara, tutte incolte o per non trovarsi conveniente spaccio, o per non essere ben note agli artefici. Abbiamo sassi calcari buoni per calcina, e vaghissimi per le dentriti a Cesara e a Gozzano, ma nessuno finora per quanto io sappia usonne per traffico, o per togliere almeno la necessità di servirci di quella di Maggiora o di Arona. Aggiungerò a queste lapidicine la creta od argilla di Gargallo, così acconcia alla formazione di vasi e stoviglie, e dei mattoni da fabbrica; non che quella di recente attivata da Domenico Isotta d’Agràno pei soli mattoni e tegole sui confini del territorio di Armeno con Pettenasco.
XIV. Bartolomeo Taeggio Cavaliere Milanese e Castellano di Riviera nel 1853 fra le sue lettere risponsive una ne scrisse a Domenico Morando Luogotenente generale e Commissario del Cardinale Vescovo Giovanni Morone, nella quale tanto si mostrò invaghito delle delizie di questo paese, e specialmente dell’Isoletta di S.Giulio, da volerla non pareggiare, ma anteporre a quella di Citerea, di Coleo, di Itiaca, di Ogigia, di Baia, d’Andro, di Cipro, d’Utica, di Lenno e d’Ischia; che anzi conoscendo egli quanto bene si prestasse questa Riviera per l’amenità del sito, la salubrità dell’aere, e la temperanza del clima ai desiderii dei villeggianti, asseriva che se fosse stata veduta questa terra amena a Plinio Nipote, egli avrebbe lasciato per lei il suo Laverentino, e Marco Censorino, Tullio Cicerone ed Erode Filosofo Ateniese avrebbero avuto in non cale l’amico Sabino, il Tusculano famoso, e la deliziosa Cefisia. Dopo di lui il nostro Carlo Francesco Bertochini d’Ameno nel suo idilio l’Armindo, stato pubblicato dal Cotta in calce al libro I della sua Corografia, fece contendere a gara