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e l’Acqualba, così detta dalla bianca acqua, colla maravigliosa sua cascata al di sopra di Nonio; e da oriente il Pescone a Pettenasco, che trae le sue sorgenti dal Mergozzolo; ma primeggia fra tutti l’Agogna, la quale da piccolo ruscello che scorre dagli alpi la Volpe ed il Calandro, raccogliendo poscia dall’Onella e dalla Frua altri tributi, si fa grossa ed insofferente degli argini. Essa scorre la Riviera in vicinanza di Coiro, Pisogno, Ameno, e Gozzano, passa dal territorio di Briga, indi al piede di Borgomanero, che nel 1857 fu completamente da lei innondato, prosegue in direzione da settentrione a mezzodì verso Fontanetto, Momo e Novara, lascia questa città a sinistra distante un miglio e volgendosi pei territorii di Lumellogno, Monticello e Vespolate s’indirizza a Lumello e di là a metter foce nel Po alla Gerola. Questo fiume dagli antichi Romani era chiamato Novaria, anzi il Cluverio 1 pretende, che da questo abbia preso Novara il nome. Gaudenzio Merula chiamollo col Terdoppio pisculenta flumina, ed il Bescapè troctarum ferens copiam2. La proprietà giurisdizionale di questi fiumi era un tempo dei Vescovi Conti, ma l’utile dominio, o piuttosto la proprietà patrimoniale e d’uso, era di quelle Comunità sul territorio delle quali essi trascorrono; laonde poteva ciascuno estrarre l’acqua da questi fiumi anche senza beneplacito e tributo ai Vescovi, ai quali era soltanto dovuta la decima detta Caneparia per i molini che aggiravansi o colle acque derivate dai fiumi, o colle altre raccolte ed unite da rivoli privati, non mai per quelle tolte per la irrigazione, o ad uso degli altri edificii, come peste, folle, fucine, seghe ed altri cotali, non ostando a questa libertà il jus radicale dei Vescovi, ma trovandosi la Riviera in un antichissimo possesso convalidato da immemorabile principio. Due soli edificii di qualche rinomanza, fuori i molini, esistono ora nella Riviera, la folla di carta sul Pellino del sig. Francesco Fiorentini, ed il Filatojo di seta sulla Plesina del sig. Galimberti in Pella, nei quali si veggono progredire il buon gusto delle fabbriche e la precisione degli ingegni e delle macchine.

  1. Ital. Antiq. lib. I. cap. 22, 36. Egli fu a rngione corretto dal nostro Guido Ferrari.
  2. Merula Memorab lib. I. c. 2, 5; lib. II, c. 15. Bescapè pag. 44 e 53.