Molte città s’inabissâr nel mare.
Che, se non rompa fuor, l’impeto stesso 792De l’aria e la selvaggia ira del vento
Per li frequenti sotterranei vani
Spandesi a par di raccapriccio, e incute 795Un tremor, come quando ne le membra
Un gel profondo ci s’insinua, e scoteci
Nostro malgrado, ed a tremar ci sforza. 798Trepida allor per la città la gente
Di duplice terror: sopra a la testa
Teme de’ tetti, sotto a’ piè paventa, 801Non gli antri de la terra apra Natura
A l’improvviso, e de le sue rovine
L’ampie gole squarciate empir non voglia. 804Lascia quindi che pensi altri a sua posta,
Che la terra ed il ciel sempre incorrotti
Saran da morte eternamente illesi: 807Pur del grave periglio anche l’aspetto
Gl’insinuerà da questa parte o quella
Un pauroso stimolo furtivo, 810Che di sotto a’ suoi piedi in un sol punto
Non sia tratta la terra, e giù lo porti
Nel baratro, e dal suo fondo disciolta 813Non sia la somma de le cose, e tutto
In confusa rovina avvolto il mondo.
[Meravigliano in pria, che la Natura 816Crescer non faccia il mar, dov’è cotanto