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libro quinto 325

1695Di rame scaturía d’oro e di piombo,
Ch’adunavasi poscia entro a le cave
Pozze del suol. Vedean gli uomini allora
1698Luccicar vivamente in su ’l terreno
Gli assodati metalli, e, de la liscia,
Nitida e vaga superficie presi,
1701Li toglieano, e vedean che ciascun pezzo
Avea la forma egual, l’impronta stessa
Di quella cavità, da cui fu tolto.
1704Entrògli allora nel pensier, che questi,
Liquefatti dal foco, in ogni guisa
Distendersi poteano e in qual si voglia
1707Faccia di cose; ed in acute punte
E in tenui lame di qual sia finezza
Potevano, battendo, esser ridotti,
1710Sì che ne avesser dardi, e le foreste
Potessero tagliare, e adatte a case
Mondar travi, piallar tavole ed anco
1713Traforarle con chiodi e con trivelle.
Nè con l’oro e l’argento a far quest’opre
Nei primi tempi s’accingeano meno
1716Che poi co ’l duro e più tenace rame;
Ma invan; chè d’ambidue vinta cedea
La tempra e non potea simile a questo
1719Durar tanto travaglio. In maggior prezzo
Fu allora il rame, e con ottusa e torta
Punta inutil giacea l’oro negletto;