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312 la natura

1344A li scogli rompean genti e navigli.
Indarno allor con pazzo impeto al vento
Spesso insorgea gonfio di flutti il mare,
1347E ponea di leggier l’ire sue vane;
Nè la fallace sua placida calma
Lusinghiera potea con la ridente
1350Faccia de l’onde alcun trarre in inganno;
La penuria del cibo allor sovente
Dava a morte le membra affievolite,
1353Affoga invece or l’abbondanza; incauti
Mescean quelli il velen spesso a sè stessi,
[M.]Ora più cauti a le lor nuore il dànno.
     1356Quindi, poi che capanne e pelli e fuoco
Si apparecchiâro, e ad un sol uom s’avvinse
In connubio la donna, e procreata
1359Di sè vider la prole, ad ammollirsi
Allor da pria l’uman genere prese.
Poichè il foco oprò sì, che a ciel scoverto
1362Non potessero omai gl’intirizziti
Corpi soffrir più tanto freddo; e Venere
Scemò le forze; e facile i fanciulli
1365Con le carezze lor franser la fiera
Tempra de’ padri. Disïosi allora
Nè di recar, nè di patire offesa,
1368A legare amistà preser tra loro
I confinanti: con le voci e i gesti
S’accomandâr le donne e i fanciulletti,