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libro quinto 309

1263Che rossicare e maturar tu vedi
Ora al tempo invernale, allor più grosse
E in maggior copia soffería Tellure;
1266E la fiorita gioventù del mondo
Molti altri allor porgea rozzi alimenti,
A’ miseri mortali ampj a bastanza.
1269I fiumi e i fonti ad ammorzar la sete
Li chiamavan, qual or le sitibonde
Stirpi ferine da lontano invita
1272Chiara da eccelse rocce onda cadente.
Occupavano ancor, qua e là vagando,
I noti de le ninfe antri silvestri,
1275Da cui sapean, che in copiosa vena
Lubriche si volveano acque sorgenti,
Che a lavare correan gli umidi sassi,
1278Gli umidi sassi sopra al verde musco
Stillanti; e parte prorompean sgorgando
A l’aperto su’ campi. E non ancora
1281Trattar sapeano il foco, e non di pelli
Far uso alcuno e di ferine spoglie
Covrire il corpo; ma le grotte, i boschi
1284E le foreste eran lor case, e astretti
De le piogge a schivar l’ire e de’ venti,
Tra cespugli ascondean l’ispide membra.
1287Nè badare poteano al ben comune,
Nè usar sapean tra lor leggi e costumi:
Quel che di preda gli offería la sorte