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libro quarto 253

1527Baci e poi baci il poverino affigge;
Pur, se alfine introdotto, un’aura sola
Di quel puzzo a l’entrar mai l’offendesse,
1530Cercherebbe al ritrarsi oneste scuse,
La lunga cesserebbe alta querela
Già cacciata a memoria, anzi in quel punto
1533Di gran stoltezza accusería sè stesso,
Vedendo alfin d’aver dato a colei
Più che a donna mortal conceder lice.
1536Nè le Veneri nostre ignoran questo;
Onde con ogni studio il dietroscena
De la vita nascondono a coloro
1539Che stretti ritener voglion nel laccio;
Ma invan, poichè con la ragion tu puoi
Tutte in luce tirar le lor magagne,
1542Investigare ogni lor riso; ed ove
T’imbatti in una, ch’abbia il cor sincero
Ed uggiosa non sia, con mutua scusa
1545Puoi dar perdono a le miserie umane.
     Nè già di finto amor sempre sospira
La donna, che con l’uomo avviticchiata
1548Corpo a corpo congiunge, e stretto il tiene,
E gli succia co’ labbri umidi i baci;
Però ch’ella di cuore opra sovente,
1551E disïosa di comun piacere
A la meta d’amor giunger s’affretta.
Nè per altra ragione a’ maschj incurvansi