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libro quarto 225

     Nè a spiegar come mai sentan sapore
774Il palato e la lingua a noi fa d’uopo
D’un po’ più di fatica. Esso da prima
Sentesi ne la bocca, allor che il cibo
777Masticando spremiamo, a quella guisa
Che con la man si sprema e si dissecchi
Spugna d’acqua imbevuta; indi si sparge
780Pe’ fori del palato e gl’intricati
Pori, che son ne la spongiosa lingua,
Tutto il succo spremuto; ed ove i corpi
783Del penetrante umor son miti e lievi,
Tutte toccano allor soavemente,
Soavemente allor blandiscon quelle
786Che fan giro a la lingua umide chiostre;
Ma quanto più son raggruppati ed aspri,
Tanto più il senso allor pungono e squarciano.
789La voluttà del gusto indi, s’osserva,
Non va in là del palato; e allor che il cibo
Precipitò giù per le fauci, alcuna
792Voluttà non è più, mentre per tutte
Le nostre membra tutto si diffonde.
Nè importa di qual cibo il corpo viva,
795Sol che tu possa il digerito pasto
Spargere ne le parti, ed egualmente
Lo stomaco serbare umido sempre.
     798Or come avvien dirò, che il cibo stesso
Diversamente a ogni animal convenga,

15 — Rapisardi: Lucrezio.