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libro quarto 213

450Spesso vedute da lontan le quadre
Torri d’una città sembran rotonde,
Perchè ogni angol da lungi ottuso appare,
453O non appar più tosto in guisa alcuna,
E l’azion sua si perde, e a le pupille
Nostre veruna impressïon tramanda;
456Perchè, in varcar tant’aere i simulacri,
L’aura con suoi frequenti urti li smussa.
Così, a pena a la vista ogni angol fugge,
459Quasi tornito l’edificio appare,
Non qual da presso appar ciò ch’è rotondo
In realtà, ma come un qualche obietto
462Che un po’ sbozzatamente a lui somigli.
Pur l’ombra nostra al Sol mover vediamo,
Seguir nostr’orme ed imitar nostr’atti,
465Se pur credi che un aere orbo di lume
Camminar possa e seguir gli atti e i moti,
Poi ch’altro esser non può, che un aere privo
468Di lume ciò ch’ombra appellar siam usi.
Perchè a punto la terra, ovunque il passo,
Intercettando il Sol, da noi si mova,
471Spogliasi de la luce a grado a grado
In certi lochi, e si riveste in quelli
Da cui partimmo; onde ne par che l’ombra
474Con pari direzione ancor ne segua;
Però che nuovi raggi ognor si spandono,
E spariscono i primi, a quella guisa