Pagina:La Natura.djvu/191


libro terzo 191

Si seppellisce in grave sonno, cerca
D’ogni cosa l’oblio, la via ritesse
1383Rapidamente, e a la città ritorna.
In questa guisa ognun fugge sè stesso;
Ma non valendo, come sempre avviene
1386Naturalmente, ad evitarsi, ai mali
Resta allacciato, e, perchè infermo e ignaro
De la causa del morbo, odia sè stesso.
1389Se la vedesse ben, tosto ciascuno,
Ogni cosa lasciando, intenderebbe
De la Natura a studïar le leggi;
1392Poichè d’una fugace ora il destino
Non si tratta saper, ma de l’eterno
Tempo, in cui volger dee dopo la morte,
1395L’età che avanza a ciaschedun mortale.
     Perchè infin tal di vita ingorda brama
Tanto ne’ rischj a trepidar ne sforza?
1398Sta dinanzi al mortal certa la fine;
Nè può far sì che da la morte ei campi.
Sempre ne’ fatti stessi ei si rigira,
1401Sempre in un loco sta; nè, perchè lunga
Sia la sua vita, avvien che una diversa
Voluttà nuova ei conïar si possa:
1404Ma tutto ciò, che non possiede e brama,
Quello gli par che sopra a tutto ecceda;
Se questo ottien, d’altro desio s’accende,
1407E con tal sete ognor la vita anela.