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14 a lucrezio

Veste il vello ferin, letto le foglie,
Solo nume il terror, dritto la forza.
Poscia il foco e i metalli, e dei metalli
E del foco maggior forza l’amore,
Nerbo al corpo gli diêro, arte a l’ingegno;
Onde cresciuto egregiamente irruppe
Fuor dal labbro il pensier, dal multiforme
Bisogno industre a rivelarsi astretto.
Così fra dure lotte a grado a grado
Procedeano i mortali, a cui di Numi
Grazia alcuna non giova, ira non nuoce,
Poi che la terra a lor fu madre, ed ella
Tutte ne accoglierà l’anime e l’ossa.
Nè val che a l’aura di lontani elisi
Del superbo mortal corra la speme,
O fabbrichi a sè stesso alte paure,
Quando la sua vitale anima, nata
Negli organi e nel sangue, andrà ad un’ora
Con gli organi e col sangue anche disciolta.
Ma lei che tutto crea, che tutto regge,
L’inconscïente universal Natura,
Ben che tanti dal sen de l’infinito
Tragga corpi e parvenze, e nel gran mare
De l’eterna materia indi li strugga
Quasi a vano trastullo, essa starà
Giovane sempre ed a sè stessa eguale,
Mentre Venere in fresche onde per altre