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a lucrezio 13

Spazïando animoso, entro a lucenti
Sepolcri, d’ogni umana opera escluse,
Le inutili serrasti alme dei Numi;
Tu con la luce del pensier gagliardo
Dissipasti gli averni antri e le larve,
Tal che scevra d’affanni e di paure
Raggiò alfine la vita, e da l’eterno
Grembo de la Natura il ver sorrise.
Cantasti allor come nel vano immenso
Gli elementi da prima eran commisti,
Come per certa legge indi ogni cosa
Si scevrò, si distinse, e su la grave
Terra e su l’ampio mar lieve si stese
Il gran velo de l’aria e il fiammeggiante
Etere che i vivaci astri alimenta;
Come il Sol si formò, come l’opaca
Luna rischiari, con che forza il cielo
E le campagne e il mar di luce irrighi,
Perchè in sì certa e moderata guisa
Le stagioni de l’anno e da le cieche
Tenebre le dïurne ore dirima,
E per che legge infin, dove ch’ei guardi,
Con provvido calor desti la vita.
A le rive del giorno indi l’umano
Genere sorse, e gli antri erangli asilo,
Cibo i frutti e le cacce, armi le mani
E proiettili sassi e rami infranti,