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a lucrezio 11

Di Lachmanno però l’arguto ingegno
Oltre a’ segni proruppe; e fatto audace
Da l’erculea fatica, onde la selva
Del gran carme latin, purgata in parte
Di chimere e di mostri, al Sol si apria,
Contr’aspre rocce e immisurati abissi
Ad inutil certame irto si accinse,
Ed uso a debellar leène e sfingi,
Da per tutto le vide, anche in secure
Valli amiche a la pace, ospiti al gregge.
Indi a le Grazie, che volgeano il tergo
Inorridite, e de le rosee braccia
Al simulacro tuo facean ghirlanda,
Paventose di peggio, assai fu grata
Del buon Munro la voce, esimio figlio
De l’altera Albïone, ove tra dense
Nebbie al bizzarro immaginar commista
L’oltracorrente indagine si sposa.
Ond’ei di te, più che de l’arduo, amante,
Più del ver che di sè, l’inclito carme
Cauto soppose a moderato esame,
Con sagaci ed onesti accorgimenti
Temprò l’audacie altrui, sobrio propose,
E con equo giudicio e facil detto
Scevrò i fiori da’ bronchi e il ver fe’ chiaro.
     Come dal grembo de la notte, al novo
Lume de l’alba smisurato al cielo