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tando così lo stesso difetto d’ordine strategico testé segnalato, non rimane possibile fra Genova e Piacenza per la valle di Trebbia, almeno nelle sue grandi linee, se non che il progetto di massima, più addietro descritto.

Senonchè sono sorti altri progetti di linee tendenti alla media valle del Po, ma che, invece di dipartirsi dal porto di Genova, si distaccano dall’arteria dei Giovi, e precisamente da Ronco, allo sbocco settentrionale della gran galleria.

Basta questa circostanza per metterle fuori di discussione. Imperocché, quand’anche quelle linee rispondessero alle condizioni indispensabili per la concorrenza proficua, e cioè la minor lunghezza virtuale in confronto dei tronchi esistenti e della progettata linea per Val di Trebbia (ciò che non è facile e forse nemmeno possibile di dimostrare), non risponderebbero alla esigenza di una grande arteria, nè commerciale nè militare; appunto perchè, distaccandosi dalla ferrovia dei Giovi a Ronco, ne consegue che il tratto da Genova a Ronco non viene raddoppiato; rimane invece tal quale come oggi; e così il raddoppiamento limitato all’altro tratto da Ronco al Po ed oltre, per il grande movimento del porto di Genova gli è come se non esistesse.

Il raddoppiamento, non sarà mai detto abbastanza, per essere proficuo, deve estendersi all’intera linea, dal mare al punto di destinazione nella valle del Po.

Ancora di un progetto si discorre, quello cioè di una linea, che dipartendosi da Genova andrebbe ad innestarsi alla Parma-Spezia a Borgotaro. La linea seguirebbe, come la nostra, il Bisagno, entrerebbe essa pure, sottopassando Sant’Oberto, nella Fontanabuona, ma invece di passare in Trebbia, scenderebbe sino a Carasco per risalire in direzione di levante