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rata autorità del filosofo ginevrino mi direte, che, vivendo sempre per la sociale organizzazione dipendente da altrui, ed essendo la riputazione il supremo bene, della donna, e dipendendo questa sovente, più che dalla realtà delle cose, dalle apparenze loro, ne consegue che dessa, più che tutt’altri, debba dell’opinione esser timida e serva, ed essere, non già speciosamente, ma rigorosamente vero che, per la donna, felicità, importanza e valore dalla stima, che altrui ne fa, tutta dipende. — Grave è l’obbiezione, ma mi lusingo poter, così in base al fatto che al raziocinio, farvi equivalente risposta.

Importa assai notomizzare alquanto questa pubblica opinione, che s’impone con tanta forza, che non da altri che dal suo beneplacito cava la ragione dell’autorità sua; analizzare la natura di questo supremo arbitrato, che tanto gravita sugli atti umani, e per la donna poi è ragione di nullità e di sventure.

V’hanno opinioni generali a tutta l’umanità che tolgono l’origine, e la parvenza, dai bisogni, dalle tendenze, dai sentimenti innati all’umana natura; appartengono a questa categoria, a mo’ d’esempio, tutte le religiose credenze scaturite dal sentimento della divinità, comune a tutti i popoli, a tutte le razze.

V’hanno opinioni speciali determinate da un dato concorso di circostanze, in un dato tempo, in una data località; e sotto queste opinioni fluttuanti, per così dire, e precarie soggiacquero delle nozioni scientifiche e filosofiche, che sono per noi e pel nostro tempo fuor d’ogni-discusso. — Così là virtù ed il vizio, la pietà e la ferocia, la verità e lo errore si diedero lo scambio nelle opinioni degli uomini siffattamente, da stimarsi sommamente pii i sacrifici d’umane vittime, sommamente logici ed equi la servitù ed il dispotismo, virtuoso lo ster-