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È d’uopo che la donna alfin si sollevi al sentimento del suo intrinseco valore, e sè stessa estimi per quel che vale, e non dall’altrui giudizio sempre servilmente aspetti ed apprenda la cifra del suo valore.

Si parlò da molti, e noi stessi parlammo, della influenza della donna nella famiglia e nella società, influenza che ogni esistenza esercita sulle vicine direttamente od indirettamente pel natural ordine delle cose, e nel caso nostro anche infinitamente più sentita, sendo i rapporti della donna coll’uomo tutti affettivi, epperò questo ascendente suo potente e diretto.

Ma avviso nostro non è soltanto, che educare e coltivar si debba la donna, affinchè miglior utile rechi all’uomo, e più così a lui s’aggiunga di potenza morale chè, quando tutti qui fossero i motivi, che portar debbono la donna alla scienza ed allo sviluppo delle sue morali facoltà, rispondendo lo egoismo femminile degnamente al virile, potrebbe dessa, con qualche ómbra di ragione, ricovacciarsi per altri secoli nella sua tranquilla nullità, dicendo: se l’uomo tentò abrutire il mio spirito, perchè mi affannerò io a produrre per lui; raccolga egli ciò che ha seminato, non trovi che nullità ove non piantò che ignoranza, e vizio mieta dove non seminò che pregiudizio. Perchè mi sacrificherei alla famiglia? Perchè ogni dolore incontrerei lieta per una prole che, adulta, imparerà dalle istituzioni del suo paese ad avermi in poco conto; per un consorte, che verso di me modestamente s’intitola padrone unico ed assoluto? Perchè sentirei io pietà del povero, mentre la mia stessa proprietà è soggetta all’arbitrio altrui, ed in faccia allo Stato tutti i danni soffre, e non gode nessun dei vantaggi? Perchè lo egoista istinto materno immolerei alla patria; e l’oro e le gioie e l’opera le con-