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è nocivo, epperò nemico dell’umanità, la quale a giusta vendetta lo opprime sotto il pondo del suo più tremendo disprezzo.

Non chiamate lavoro la insignificante direzione d’una casa o le industrie d’Aracne; le son queste manualità e dettagli opportuni, e necessarii eziandio, ma che non costituiranno mai un’essere utile alla Società, parlo a voi, donne ricche e colte. Fra voi, più d’una ammazzerà la vita in cotali cose, ch’io chiamerò, e tutta con me l’umanità, esistenza parassita. Ogni vita importa moto, epperò che il nostro corpo agiti più o meno utilmente le sue membra sta bene, ma che lo spirito nostro debba starsene eternamente latente e sopito, egli che è vocato a progredire, egli che vive della vita ragionevole, egli che dai bruti e dai vegetali vi scerne, la è cosa questa, che non da altri mai verravvi predicata che da chi trovi interesse nelle tenebre della vostra mente, nella nullità dello spirito vostro.

Non ammettendo io, per natural corollario dei principii fin qui espressi, l’esclusione della donna dalla produzione industriale che importa abilità o vigore di membra, non la posso egualmente escludere da quella parte del lavoro sociale, che esige sviluppo ed applicazione delle facoltà intellettive.

Partendo io dal principio, che ogni diritto ed ogni dovere ha per base e per ragion d’essere la facoltà, la quale colla sua legittima pretesa d’esercizio ce ne dà la coscienza, e questo principio reggendo esattamente in ogni essere umano a qualunque sesso egli appartenga, non vedo con qual ragione questa facoltà dovrebbe nell’uno esercitarsi liberamente e talora forzatamente, e nell’altro seppellirsi e soffocarsi affatto; tanto più che, nelle miserrime condizioni in cui versa la società nostra, la donna priva di mezzi di for-