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l'ombra del passato 331


Fiorina, che doveva aver anche lei la consegna, prese il lumino e li segui fino all’atrio.

— Dà il lume, — disse Adone.

— No, no, vengo: devo salire in camera, rispose la ragazza.

E li precedette per la scala fattasi umida. La donnina strinse il braccio del nipote.

— Come piove! — disse con la sua voce monotona. — Quest’umido mi farà proprio bene!

— Perchè non state a letto, quando piove? egli disse, tirandola su pazientemente.

— Oh. ci starò! Ci starò: non dubitare!

Fiorina ascoltava, china sull’alto della scaletta come sull’orlo di un pozzo.

Egli fu assalito da un impeto di rabbia: appena furono sul pianerottolo stese ancora il braccio e ripetè:

— Dammi il lume!

Ma la ragazza apri l’uscio della camera di Tognina, depose il lume sul cassettone e poi cominciò ad accomodare le coperte sul letto disfatto.

— Chiama Elena, — le disse Tognina.

— V’aiuto io, zia: ora vi levo le scarpe.

— Ma vattene! — gridò Adone, spingendola.

Fiorina si rizzò, coi capelli sugli occhi verdi rabbiosi.

— Vattene tu! — rispose.

Si guardarono: parevano ritornati bambini, pronti a lottare ed a graffiarsi.

— Andatevene; faccio da me, — disse allora la donnina. E chiamò: — Elena? Elena?