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l'ombra del passato 11


Adone si attaccò alle gonne della Tognina, le strofinò il fianco col suo visetto roseo, non la lasciò più fincheè ella non gli ebbe consegnato il cestino, dal quale esalava un grato odore di pollo arrosto.

Pochi momenti dopo egli correva dietro il barcajuolo che portava la valigia e camminava a passi lunghi e silenziosi.

Gli usignuoli cantavano sui pioppi e sugli olmi che ombreggiavano gli orli della larga strada fiancheggiata da fossi d’acqua corrente limpidi come ruscelli; fiori d’ogni colore ornavano l’erba brillante di rugiada.

Giovanni accompagnava il signor Carlino, che aveva salutato affabilmente tutti i vicini e fatto un cenno di addio ai rondinotti del nido. I due uomini chiacchieravano, ma Adone non badava a loro, intento a correre sull’ombra deforme del barcajuolo. Gli pareva così d’essere trascinato da quell’ombra strana che sembrava quella di un cammello a due gambe. Ma d’un tratto l’ombra sparì, il giochetto cessò.

Cominciavano le case del centro del paese: prima quella del fabbro, rossa su uno sfondo di allori verdi, poi quella del tabaccajo, poi quella del sarto, che era anche oste. Le botteghe, tranne quella del tabaccajo con la sua vetrina piena di cartoncini adorni di fiori e di cuori trafitti, erano chiuse. Dalle finestre pendevano coperte e drappi colorati: allo sbocco dei viottoli sorgevano archi di fronde e di fiori: tutti i portoni erano addobbati e decorati in modo pittoresco.