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gaio. 167


mola sarebbe sopravvissuto solo il np. Gaius come agg. significante qualche cosa di “lieto e giocondo”. Ma si può domandare: dov’è nel bl. l’anello di congiunzione fra il vocab. del lat. classico e la voce romanza? Inoltre non si ha esempio d’un np. che sia divenuto agg. denotante una qualità stata propria della persona che portava quel np. Quanto all’obbiezione che il Baist muove all’etim. ger. dicendo che l’h ger. intervocale in rom. è rappresentata da c semplice o doppio, il Mackel osserva che questo non succede sempre; onde da skiuhan s’ebbe schivare e da spëhon, spiare. Se a questa considerazione s’aggiunga che il senso di “vivace, pronto, lesto” presenta un passaggio facilissimo a quello delle voci romanze, si può riguardare l’etim. ger. come certa. Il tema ger. era * gahia che diè aat. gähi, kâhi, câhi, gahe, kâhe, mat. gaehe, snello, pronto, frettoloso, tm. gäh, jähc, erto, ripido, subitaneo, vivace; donde, iähzorn, focoso. Fra i derivati t. di questa radice segnaleremo gahîleih, gihîleich, nozze, gahîleihlih, gihileihlich nuziale, gahîlih, gihilih, geniale: senso anch’esso confacentissimo a spiegare quello assunto poi dal romanzo, e che è lo stesso per cui il Littrè e il Baist inchinavano a trarre quest’ultimo dal np. l. Gaius. Secondo il Kluge aat. gâhi, tm. jähe è parola specificamente ger.; che non ha riscontro nelle altre lingue del campo indeu. Nelle lingue neol., oltre all’aggettivo visto di sopra, spetta qui lo sp. gayo, gaya, prov. gai, fr. geai, come nome d’un uccello, la ghiandaja, forse perchè “vivace e grazioso”. Difficile poi è a spiegare come questa voce significasse anche “screziato” [cfr. sp. gayar, fare screziato; afr. piaus gaies et noires, pelle screziata e nera; vall. gajeloter, screziare: Dante, Inf. 1, Di quella fera la gajetta pelle]. Bisogna forse ammettere che si concepisse la varietà e screziatura dei colori come condizione necessaria per la “gaiezza” d’un animale o d’un oggetto. Deriv.: gai-amente-ezza.