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«pittoresco», esigeva pure che colui che cerco la conoscenza, produca sui sensi una forte impressione. La nostra «umiltà» le fu contraria per molto tempo. Oh, come avevano indovinato questi tacchini della divinità!


XIV.


Noi abbiamo mutato metodo. Noi siamo diventati più modesti in tutte le cose. Noi facciamo più discendere l'uomo dallo spirito, o dalla divinità; l'abbiamo posto tra gli animali. Nel nostro concetto esso è l'animale più forte, perchè è il più astuto: la sua spiritualità è una conseguenza di ciò. D'altra parte ci difendiamo da una vanità che vorrebbe anche qui alzar la voce: essere stato l'uomo il grande, ultimo pensiero dell'evoluzione animale.

Esso non è in nessun modo il coronamento della creazione; ogni altro essere si trova con esso allo stesso grado di perfezione... E, ciò posto, andiamo troppo lontano: l'uomo è, relativamente, il più deficiente degli animali, il più malaticcio, colui che ha più pericolosamente snaturati i suoi istinti: — certo che, con tutto ciò, è ancora l’animale «più interessante!» — Per quel che riguarda gli animali, Descartes fu il primo che ebbe il mirabile ardimento di considerare l'uomo come una «macchina»: tutta la nostra fisiologia si sforza per dimostrare questa proposizione. Inoltre, logicamente, non mettiamo già a parte l’uomo, come faceva Descartes; ciò che si sa oggi dell'uomo, non va al di là del concetto «macchinale» di esso.

In altri tempi si concedeva all'uomo il «libero arbitrio» come una dote di un ordine superiore: oggi gli abbiamo strappato fin la volontà, nel senso che non è più permesso intendere con ciò una facoltà. L’antica parola «volontà», non serve più che a designare una resultante, una specie di reazione individuale, che, necessariamente, deriva da una serie di motivi in parte contradditori e in parte concordanti: — la volontà non «opera», non «muove»... Dapprima si vedeva nella coscienza dell'uomo, nello «spirito», la prova della sua origine più elevata, della sua divinità: per «perfezionare» l'uomo, gli si consigliò di riconcentrare i suoi sensi in sè stesso, a guisa di tartaruga, di troncare le relazioni col mondo terrestre, e di liberarsi dall'involucro mortale: allora non sarebbe rimasto di lui che l’essenziale, lo «spirito puro». Anche in questo abbia-