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     E preparò la guerra.
Fornito ch’ebbe Febo
     Il suo giro tre volte,
     485Ecco dai monti Isici
     Avventarsi con impeto,
     Tutto il piano coprendo
     Dal Citerone al fiume,
     Le rilucenti squadre
     490D’Astor.
                    Subitamente
     Lo rapide bandiere
     S’arrestano. Nel campo
     Plateense un araldo
     D’Astorre alla cittade
     495D’arrendersi comanda.
     Ma ritornò bentosto
     Il messaggero a Astorre
     Ed alle squadre innanzi
     Così gli disse: O Sire,
     500Androcrate te sfida
     A singolar tenzone.»
Rispose con maligno
     Ed orgoglioso riso
     Astor: «Sii ’l benvenuto,
     505Glorïoso campione!
     Astor la sfida accetta.»
     Poi, voltosi alle squadre,
     Con irrision soggiunse,
     «Cari, intrepidi amici,
     510Sinora alla condotta
     D’Astorre confidati,
     Consentirete voi,
     Me estinto dai tremendi,
     Irresistibil colpi
     515Del glorïoso e invitto
     Reggente di Platea,
     Consentirete voi
     Ad ubbidir ormai
     A’ suoi regi comandi?»
520Percorre in un istante
     Inestinguibil riso
     Le numerose squadre.
     «Va! (dice al messaggero
     Astorre con ria gioja)
     525Va, e da mia parte digli,
     Che qui l’attende Astorre.
Stansi di contro immote
     Di Scolo e di Platea
     Le bandiere, frementi
     530Per la tardata pugna.
Ecco Androcrate pronto
     A entrare nella lizza,
     Ha già cinto l’acciaro,
     E tiene lieve scudo
     535E l’asta nelle mani.
     Alle schiere volgendosi:
     «Dell’Asopo la pura
     Onda, voi mi recate
     Sì che mie forze aumenti.»
540Corre un guerriero al fiume,
     E rispettoso l’acqua
     Gli presenta nell’elmo.
Invoca il Duce i Numi,
     Poscia parte dell’onda
     545Sparge per onorarli
     Sovra la terra, e dice
     Ad alta voce: «O voi
     Abitator del cielo!
     Ricevete benigni
     550Il volontario mio
     E lieto sacrifizio,
     E con propizio sguardo
     Rimirate Platea
     E ’l pargoletto Rege!
555Disse e con gioja bevve
     L’acqua del patrio fiume:
     De’ Plateensi gli occhi
     Di lagrime s’empiro.
Ecco dalle lagune,
     560Che molte e fra sè giunte,
     Stendonsi sulla riva,
     Sinistra dell’Asopo,
     Un cigno dall’immense
     E risuonanti penne