Pagina:Jolanda - Dal mio verziere, Cappelli, 1910.djvu/70


— 68 —


che visita di carità fatta coi suoi figliuoli! Che li avvezzasse a veder da vicino miserie che neppur sospettano, e senza troppa paura della loro tristezza! I piccoli cuori, puri ancora e impressionabili, si stringerebbero, sì, le tenere menti aperte istintivamente alla giustizia avrebbero forse un senso di ribellione contro le leggi supreme ed incomprensibili; ma dalla pietà e dallo sdegno non germinerebbe uno zelo di compensare, di riparare che porterebbe il suo frutto nelle età mature?

Se avessi autorità, vorrei raccomandare a tutte le mamme che vigilano con intelletto amoroso sullo sviluppo morale delle creature di cui sono la guida e l’esempio primo — vorrei raccomandare di fare del sentimento della carità una delle basi dell’educazione. Ciò si può fare a qualunque classe sociale si appartenga: poichè non è l’entità dell’elemosina che la rende utile e santa. Se ricchi, i ragazzi abbiano un salvadenaro per i loro piccoli mendicanti protetti, e le bimbe imparino a confezionare gli abitini, a far calze per loro, e il passaggio nelle squallide soffitte lasci largamente dolci e doni, come quello delle buone fate possenti. Se in condizione modesta, fare in modo che i bambini si privino qualche volta d’un giocattolo, d’un indumento per darlo al povero; fare che lo dia da sè, a costo del sacrifizio, combattendo inesorabilmente con ingegnosa cautela ogni possibile spunto di egoismo o d’indifferenza, due cattivi germi non infrequenti di cui vediamo purtroppo fra gli uomini lo sviluppo rovinoso. «Quando un bambino fa l’elemosina, dice il gran bardo dei fanciulli, il De Amicis, è come se dalla sua mano cadesse insieme un obolo e un fiore». È infatti una così suggestiva gentilezza, una