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CANTO DI GOLIARDI.

Sulla terra già Venere scende,
Vengon seco le grazie e gli amori,
Sul suo capo il cheto aere s’accende,
Sotto il piè le germogliano i fiori.

Madre e dea d’ogni cosa gentile
Orna i rami, gli augelli ridesta;
L’aria, l’acqua, la terra è una festa:
O l’aprile, l’aprile l’aprile!

O fanciulla che languida giaci
Fra le piume, e sognando sorridi,
E il ciel suona di canti e di baci,
Freme il bosco d’amplessi e di nidi.

O fanciulla, son rapide l’ore
Della gioia, a te mormora il rio;
Sorgi, vieni ti dice il cor mio:
O l’amore, l’amore, l’amore!
. . . . . . . . . . .

L’ultima parte della trilogia è scientifica e un po’ faticosa agli indotti. Pure scorre tutta così tersa, così, direi, lieve, nella sua profondità che se ne ricevono ugualmente impressioni luminose. È un viaggio nell’ètere, di Giobbe guidato da Iside che raffigura ad un tempo la Scienza ed il Mistero. È una ideale peregrinazione da stella a stella, da luce a luce, durante la quale Giobbe ascolta dalla sua guida il racconto della formazione del mondo, età per età; — è il viaggio del pensiero attraverso l’abisso dell’infinito. Egli scopre, esulta, s’inebria, finchè arrivato al limite la natura gli dice; Arrestati! Icaro cade...

Intanto Giobbe s’esalta dei nuovi orizzonti che gli si schiudon dinanzi, della virtù nuova che s’è