Pagina:Jessie White La miseria di Napoli.djvu/151


la ricchezza dei poveri. 137

della sua poesia per eternarne la memoria, i dolori e le speranze. Questa spaventosa apparizione della miseria popolare, che mai non si dilegua di mezzo agli uomini, sembra posarsi davanti a lui pure: essa lo guida a raffrontare il passato al presente; lo invita a dipingere con incantevole sorriso la semplicità degli antichi costumi, lo infiamma d’ira generosa contro l’avidità dei contemporanei; ed anche in mezzo a tenebre che potranno esser diradate soltanto da tardi studii e da lontane generazioni, anche in mezzo ad errori che nemmeno oggidì sono dimenticati, egli sembra mirare al grande problema della ricchezza sociale.

Così l’usura, in quell’epoca stessa di onnipotente sovranità religiosa, è per lui ben più che una colpa denunciata dalla Teologia; egli la combatte sic come dissolutrice dei vincoli fraterni che dovrebbero tenere congiunti tutti gli uomini; egli disprezza con quest’intendimento la gente nuova e i súbiti guadagni. In questa grande emancipazione ch’egli vede compiersi sotto a’ suoi sguardi e che, colla divinazione dell’ingegno, presente più gagliarda nell’avvenire, egli sembra detestarla siccome una forma di civile tirannia, più terribile forse d’ogni altra, perch’essa snerva e demoralizza le vittime. Così narravasi che, sul cadavere d’un usuraio, Sant’Antonio proferisse queste parole: Dove è il tuo tesoro, ivi è il cuor tuo, — e la tradizione popolare, si pronta ad accogliere ogni fatto che abbia il prestigio del maraviglioso, racconta che il cuore si rinvenne ancor caldo fra i mucchi di danaro.