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120 parte seconda.


Nessun refettorio; ognuna provvede da sè cogli scarsi centesimi che dà il luogo, e fa cucina da sè in camera da letto.

Nessuna istruzione, nessuna disciplina; c’era una ragazza alienala, c’erano delle malate; impossibile parlare con una delle ragazze, senza che rispondesse un’oblata. In un’ala esalava tale fetore, che l’amico, benchè medico, ed io, abbastanza abituata alla miseria ed alle cose che ne derivano, scappammo a tempo per non isvenire.

Discesi, ritrovammo il prete, che presiedeva alla tavola coperta di rame.

«Avete visto?» ci domandava beffardamente.

«Abbiamo visto,» risposi. Il medico spese qualche parola sullo stato nefando, sulla probabilità che morissero tutte, se ci entrasse il colèra o il tifo, ed il prete sogghignando rispose, che non avevano quattrini nè gente di servizio per la mondizia.

Noi risapemmo poi che quel prete era uno dei fidi dell’Arcivescovo di Napoli.

Tralasciamo di descrivere lo stato degli Stabilimenti diretti «da un ecclesiastico nominato dall’Arcivescovo, dal parroco o dal sacerdote.» Ricordiamo sempre che ove c’è Oblatismo, non c’è nemmeno il voto di castità, che tutte le oblate vanno e vengono e ricevono chi vogliono di fuori, che il grado di libertà di ciascheduna dipende dal più o meno grande favore del prete dominante, e che anche in quegli Istituti, ne’ quali il prete non governi apparentemente, ei vi regna e vi comanda.

E ciò in diretta opposizione delle leggi 61, 62, 64!