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la relatività e l'etere 115


mente agire dove non è, che chi dica il contrario difficilmente può tirarsi dietro la maggioranza dei suoi seguaci. Descartes era arrivato sino a dire che il semplice fatto dell’esistenza di corpi separati, a una certa distanza, era una prova sufficiente dell’esistenza d’un mezzo tra essi.

Così, poichè non c’era una massa materiale a trasmettere un’azione meccanica, come quella esercitata da un magnete su di una sbarra d’acciaio, o dalla terra su di una mela che cade, la tentazione ad invocare un etere, penetrante da per tutto, divenne irresistibile, e quello che può esser definito l’abito dell’etere invase la scienza. Perciò Maxwell si espresse così: «Gli eteri furono inventati perchè vi navigassero i pianeti, per costituire atmosfere elettriche ed effluvi magnetici, per trasmettere sensazioni da un corpo all’altro, finchè tutto lo spazio fu riempito diverse volte dall’etere». Infine vi erano quasi tanti eteri quanti problemi insoluti in fisica.

Cinquant’anni dopo, solamente uno di questi eteri sopravviveva nelle menti degli scienziati seri: l’etere luminoso, che si supponeva trasmettesse le radiazioni. Le proprietà necessarie a compiere questa funzione sono state definite, con precisione sempre crescente, da Huyghens, Thomas Young, Faraday e Maxwell. Esso era immaginato come un mare di gelatina, in cui le onde potrebbero propagarsi come le vibrazioni o ondulazioni attraverso una gelatina. Queste onde