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sgridati dovrebbero ogni anno diventare più umili, più riconoscere gli errori, le superstizioni, le tenebre nelle quali hanno voluto tener soffocata la povera gente, e mitigarla, e farsela benevola, e compiacerla dove va la gloria di Dio, vedendo che ella desidera tanto di stare con la dottrina dell’Evangelo, si hanno deliberato di voler insuperbire ogni giorno più, e di voler tenere bassi e tirannizzar i poveri popoli, e ascondere ogni cosetta che potesse dar loro luce alcuna della salute. Chi non sa che i popoli si faranno beffe delle indulgenze, de’ giubilei, e di tutte l’altre invenzioni e pensate d’uomini, con le quali un tempo di lungo si è dato ad intender che si potesse avere la remissione de’ peccati, quando avranno avuto la grazia di poter con viva fede conoscere il gran benefìzio che ha fatto loro il celeste Padre, dando il Figliuolo diletto a spander il sangue e morir sulla croce?»

I due che, secondo l’asserzione del Vergerio, posero mano all’opera, si supposero il Flaminio e il Paleario: e’ soggiunge che il cardinale Polo ne procurò la diffusione d’accordo col Flaminio, col Priuli ed altri di quella scuola, e lo mandarono a un librajo eretico o sospetto, che ne vendesse più copie che poteva o il donasse, ch’essi rimborserebbero1.

Il frate oppositore, a cui accenna il Vergerio, è Ambrogio Caterino, che, fra innumerevoli scritti polemici, stampò un compendio di errori ed inganni luterani, contenuti in un libretto senza nome dell’autore, intitolato Trattato utilissimo del beneficio di Cristo crocifisso (Roma, 1544). È unito alla Resoluzione sommaria contro il sommario della Scrittura, traduzione di Melandone.

Da Antonio Caracciolo, nella vita manuscritta di Paolo IV, raccogliamo che a Treviso fu trovato «un pedante chiamato messer Angelo» che era stato a Venezia; da Zurigo mandava i pestiferi libri del Benefizio di Cristo, ch’egli dice composti da un Benedettino di San Severino, siciliano discepolo del Valdes; e che fosse riveduto dal Flaminio, «anch’egli gravemente infetto».

All’autorità del Caracciolo si adagia il Ranke, il quale non sa indursi ad attribuir quell’opuscolo al Paleario, come neppur noi possiamo persuadercene. Nel processo del Morone, varj interrogati su questo libro rispondono ignorarne l’autore. Un librajo veneto che

  1. Si veda la nostra vita di Vittoria Colonna.