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vittoria colonna 623

il bello effettivo, pur si vuole elevarlo con idee platoniche. E tale fu quello ch’egli, già maturo, anzi vecchio, portò alla Vittoria Colonna; non scevero di passione quant’altri presunse; ora entusiasta ora sconfortato, or felice or gemente, elevato certamente e sublimato poi dalla morte1. Da quella mirabil donna egli chiedeva consigli e sostegno, e dicevale:

    Delle sue rime molte suonano di preghiera e di pentimento; ricorre spesso alla misericordia di Dio, e gli dice:

                   Non mirin con giustizia i tuoi santi occhi
                        Il mio passato, e ’l gastigato orecchio
                        Non tenda a quello il tuo braccio severo:
                   Tuo sangue sol mie colpe lavi e tocchi,
                        E più abbondi quant’io son più vecchio
                        Di pronta aita e di perdono intero.

    Fra le sue carte, non di suo pugno ma su foglio ov’è altro scritto di lui, vedemmo questa preghiera:
    — O Padre altissimo, che per tua benignità mi facesti cristiano solo per darmi il regno tuo; di nulla l’anima mia creasti, e incarcerasti quella nel misero corpo mio; donami grazia che, tutto quanto il tempo ch’io starò in questa carcere inimica dell’anima mia, nella quale tu solo mi tieni, che io ti laudi: perchè, laudandoti, tu mi darai grazia di beneficare i prossimi miei, e di far bene in particolare agli inimici miei, e quelli sempre a te raccomandare. Concedimi grazia ancora, santissimo Dio, che, avendo al partire passione corporale, io conosca che quelle non offendono l’anima mia; rammentandomi del tuo Figliuolo santissimo, che per l’umana salute morì tanto vituperosamente; e per questo consolerò e sempre lauderò il tuo santo nome, amen».

  1.                Non vider gli occhi miei cosa mortale
                        Allor che nè bei vostri intera pace
                        Trovai: ma dentro ov’ogni mal dispiace
                        Chi d’amor l’alma a sè simil m’assale....
                   Non ha l’ottimo artista alcun concetto
                        Ch’un marmo solo in sè non circoscrive
                        Col suo soverchio, e solo a quello arriva
                        La mano ch’ubbidisce all’intelletto.
                   Il mal ch’io fuggo e’l ben ch’io mi prometto
                        In te, donna leggiadra, altera e diva,
                        Tal si nasconde: e perch’io più non viva
                        Contraria ho l’arte al desiato affetto
                   Amor dunque non ha nè tua beltade
                        O durezza o fortuna o gran disegno
                        Del mio mal colpa o mio destino o sorte;
                   Se dentro del tuo cor morte e pietade
                        Porti in un tempo, e che ’l mio basso ingegno
                        Non sappia, ardendo, trarne altro che morte.