Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/132

112 illustri italiani

migliore della gran maggioranza e degli scontenti, si ritirò al suo Tusculano buttandosi agli studj, che sono la consolazione ne’ grandi disinganni, sono il bisogno degli uomini e delle società al chiudersi de’ gravi momenti della vita privata o della pubblica.

Nella villa di Tusculo udì Cicerone che il suo nome leggevasi con quel del fratello Quinto sulle tavole della proscrizione, sicchè stabilì camparsi in Macedonia presso i repubblicani. E già era riuscito ad imbarcarsi: ma o dubbioso, o timido, o confidando più in Ottaviano suo protetto che in Cassio e Bruto da lui abbandonati, si fece rimettere a terra a Circeo, e riprese la via di Roma: poi tentennando fra opposte paure, ripiegò verso il mare, ondeggiante fra l’idea d’uccidersi, d’affidarsi ad Ottaviano, o di rifuggire in un tempio. Intanto sopraggiunto (anno 43, 7 dicembre) presso Formia da una banda guidata dal centurione Erennio e dal colonnello Pompilio Lena, che altre volte egli avea difeso di parricidio, fu indicato dal liberto Filologo. I servi disponeansi a proteggerlo coll’armi, ma egli: — No: sommettiamoci al destino; non si versi sangue più di quello che i numi dimandano»; e senza frasi, e col coraggio che fu l’ultima e la men rara virtù de’ Romani, sporse la testa dalla lettiga, dicendo a Pompilio: — Qua, veterano: mostra come sai ferire».

Il capo suo e la destra mano furono portati ad Antonio: e questo che, vivo lui, non credea potersi dire sicuro nella tirannide, esclamò: — Ecco finite le proscrizioni; deponete ormai la tema, o Romani»; contemplò con selvaggia compiacenza quel teschio, poi l’inviò a Fulvia moglie sua, stata moglie di Clodio. Veduto lo spento viso di Cicerone, atrocemente ella schernì il nemico de’ suoi mariti, e ne traforò la lingua con uno spillone, indi quel teschio e la mano furono collocati sulla ringhiera, donde egli avea le tante volte strascinato la volontà della moltitudine.

Accanto, qual altra testa è confitta? quella di Verre: l’accusato presso l’accusatore in quella terribile eguaglianza della mannaja, che i padri nostri hanno spesso veduta nella rivoluzione francese. Esulato ventiquattro anni, Verre avea profittato dell’amnistia di Cesare per tornare: Antonio il richiese di certi vasi corintj, strascico degli antichi latrocinj; avutone rifiuto, lo scriveva sulle tavole, e uno scellerato puniva scelleraggini contro cui si era spuntata la legge.

Benchè in quella proscrizione, più dell’altre selvaggia, fosse perfino ordinato di gioire delle commesse crudeltà, Cicerone fu pianto dai