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suakin. 115

cifra inferiore alla vera. Vi si osservano diverse moschee destituite di qualsiasi pregio architettonico, molti tugurii in paglia, cinti di siepi spinose, ed un certo numero di case in materiale, fabbricate all’araba, una delle quali, la residenza del governatore, si distingue, perchè più ampia delle altre, e situata in felice posizione sulla sponda del mare. Il canale che usurpa il titolo di porto è poco atto a ricoverare i grandi navigli, e credo che non ve ne possa entrare più di uno per volta, causa l’angustia della imboccatura. Annualmente è visitato da numerose barche 1 e di tanto in tanto dai vapori egiziani. Il piccolo braccio di mare che separa l’isola dal continente si attraversa mediante sottili e maneggevoli barchettine, fatte d’un sol tronco d’albero e governate per mezzo di due pale.

Mentre l’Egias empieva le sue stive di mercanzia, io girandolavo pel paese, curiosando or qua or là, esaminando uomini e cose, ovvero percorrevo in barchetta le sinuosità del porto, per razzolare sui bassifondi e sulle spiagge taluni dei prodotti di quel mare feracissimo.

Il quarto giorno dopo il nostro approdo a Suakin, avendo il legno ultimato il suo carico, salpò alla volta di Gedda, nella cui rada, stante la calma del mare, arrivò in sole ventiquattro ore. La città, interamente cinta di mura, offre disposte come a scala, su lieve pendio, in riva del mare, le sue mille case bianche a tetto spianato, soverchiate dagli smilzi minareti delle moschee.

Il paese, aridissimo e nudo, si aderge, oltre la zona littorale, in monticelli rossigni e pelati che la trasparenza dell’aria fa sembrare vicinissimi. D’innanzi al lido si schierano nella rada, cui fa schermo una triplice scogliera a fior d’acqua, non poche barche ed alcuni bastimenti 2; questi ultimi in gran parte a tre alberi ed armati alle Indie pel trasporto dei pellegrini. Fra l’ancoraggio dei grossi navigli e gli scali di sbarco v’ha un tratto di mare, largo circa un miglio e mezzo, intercettato da bassifondi, in guisa tale che non è possibile accostare la terra, se non si segue una via lunga e serpeggiante. Tali infelicissime

  1. Circa 300, secondo il colonnello Merewether. Durante il mio soggiorno vi erano solamente cinque barche all’ancora, di cui due in riparazione.
  2. Contai in tutta la rada 18 navi a vela a tre alberi, un brigantino e 40 barche arabe. Vi si trovavano inoltre una pirocorvetta austriaca, la Narenta, ed un piroscafo della Società Kedivié.