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CAPITOLO VIII.


I beneventani, rimasti per la morte di Arechi privi di principe, non indugiarono a spedire ambasciadori al re di Francia per indurlo a consentire che Grimoaldo, il quale avea tuttora residenza nella sua corte, subentrasse al padre nella signoria di Benevento. Ma appena il pontefice Adriano ebbe fumo di queste pratiche, si adoperò a tutt’uomo per istornarle, istigando Carlo Magno a cedergli nel ducato beneventano le città di Sora, Arce, Aquino, Arpino e Teano, in compenso dei denari datigli a prestanza nella guerra intrapresa contro Arechi. Ed anzi, a detta di molti scrittori, nutria lusinga di aggiungere ai suoi stati l’intero ducato di Benevento. E però ammonì Carlo Magno con lettere di non cadere in tanta imprudenza di rendere a Grimoaldo la libertà e lo Stato del padre; poichè costui in tal caso non si sarebbe certamente rimasto di seguire le orme di Arechi, collegandosi coi greci in danno dei francesi e della Santa Sede. Ma Carlo Magno non giudicò fondati tali timori, e, senza dar retta al pontefice, mandò libero Grimoaldo in Benevento, benchè ad attutire il malumore del papa gli facesse intendere di avere astrettto pubblicamente Grimoaldo a promettere di aggregare a prima giunta allo stato romano alcune città, a cui esso pontefice avea da lunga pezza la mira; mentre di ciò non pare che fosse stata mai parola tra il re dei franchi e Grimoaldo.

Carlo Magno che avea aderito di buon grado alle richieste dei beneventani, perchè lusingavasi che il nuovo principe gli si sarebbe mostrato ligio in tutto, per essere stato educato nella sua corte, a gratificarsi Grimoaldo, gli fece dono con regale munificenza di molti destrieri pomposamente fregiati, e di ricchi ornamenti per la sua reggia. Ma prima di accomiatarlo da Parigi lo astrinse con giuramento ad annuire che avrebbe mai sempre battuto mo-