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taglia avvenne. Scrisse Giovanni Villani nella sua cronaca che «il re Carlo giunse a piè di Benevento nella valle di contro alla città, di spazio di due miglia presso la ripa del fiume Calore, che corre a piè di Benevento, con la sua gente passò il ponte sul fiume di Calore, nel piano che si dice S. Maria della Grandella, in luogo detto la pietra di Rossetto, e quivi fece tre squadroni... Indi aggiunge... Ordinate le schiere nel piano della Grandella.»

Così per l’asserzione del Villani conforme a quella di Ricordano Malespini (c. 180 dell’istoria fiorentina) è assai bene determinato il campo della lotta.

Or quale è il piano che a due miglia del fiume Calore chiamavasi nel 1266 Santa Maria della Grandella?

Siccome il nome forse derivava da qualche antica chiesetta, così non credetti difficile desumere una tale notizia dall’archivio arcivescovile; ma tuttavia non mi fu dato di acquistarne l’agognata certezza con lo svolgere quei polverosi volumi, sicchè mi vidi astretto di soffermarmi alle parole del cronista fiorentino e di considerarle ponderatamente. Egli infatti alla denominazione Santa Maria della Grandella fa seguire l’altra della Pietra di Rossetto, e nelle pianure di Benevento, che si estendono al Nord Ovest, in prossimità del la via che adduce ai comuni di Ponte e Fragneto; vi è una contrada che ha appunto nome Roseto, ed una fontana che dicesi Fontana di Roseto. Questo nome Roseto s’identifica con quello di Rossetto adoperato dal Villani, meno il leggiero divario ortografico che è proprio di un’epoca in cui si scriveva Capova per Capua, Cicilia per Sicilia, tanto più che la cronaca fu scritta in Firenze.

Forse si potrà opporre che il luogo della battaglia il Villani lo chiama valle, mentre valle non è la campagna di Roseto? ma non fu avvertito che più tardi lo chiama piano?

Inoltre la marcia dei francesi, l’intento strategico che essi aveano di provarsi all’aperto in una battaglia campale, l’agevolezza del suolo pei movimenti della cavalleria insieme al nome consacrato nelle pagine d’uno dei più insigni cronisti, e dopo sei secoli conservato sulle labbra del popo-