Pagina:Isernia - Istoria di Benevento I.djvu/82


— 73 —

Oriente. Per questo ponte transitarono pure Cicerone, Orazio, i consoli Sesto, Giulio, L. Marcio, Giulio Cesare e L. Silla, Cecilio Metello, Vespasiano, Augusto, Galieno, Giuliano, i dottori Basilio e Gregorio Nazianzeno; nonchè i sommi pontefici Gregorio VII, Adriano VI e Alessandro III. E, infine sullo stesso ponte il prode Ruggiero Normanno, conseguì da Onorio II la investitura del ducato di Puglia. Questo ponte ruinò totalmente per la straordinaria alluvione del 704, ma fu nel corso di pochi anni non solo rifatto, ma fortificato mercè un arco costruito a spese del comune. Lo stesso ponte fu primamente appellato marmoreo per la sua magnificenza, ma col volgere del tempo, e propriamente, a detta di varii autori, nell’undecimo secolo tolse il nome di Lebbrosi. E in quanto alla causa di un tal mutamento di nome, va tuttora per le bocche dei beneventani una pietosa leggenda tramandata di generazione in generazione. Essa narra che accosto al ponte, per legge sanitaria, fu addossato uno spedale, ove purificavansi tutti i malati di lebbra, orribile morbo diffuso in quell’epoca non solo in Italia, ma anche nella Francia, in Inghilterra e nella Lamagna, mediante l’intimo commercio coi popoli d’Oriente durante la guerra di religione. E un’antica e non mai interrotta tradizione fa fede di un tale edificio, da cui avrebbe tolto il nome l’antichissimo ponte, anzichè dalla scabrosità delle sue pietre, come opinava qualche cronista.

La tranquillità e il benessere degli abitanti la città e il contado di Benevento non fu turbato che quando Annibale, il gran nemico di Roma, affacciatosi dall’Alpi, caldo il cuore d’odio e di vendetta,

«Terror d’Ausonia e del Tarpeo discese»

nelle belle e invidiate contrade d’Italia.

Annibale, dopo la vittoria riportata sulle rive del Trasimeno, procedendo verso Roma, disegnò dirigersi nell’Italia inferiore, con la lusinga che i fieri Sanniti, insofferenti del giogo Romano, cogliessero una tale occasione per insorgere contro gli abborriti dominatori. Ciò fermato, trapassò gli Appennini,