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prima di adunarsi per le elezioni nella sala del Campidoglio. Poscia esaminavano se all’estinto duca fosse rimasto superstite qualche erede del miglior sesso, al quale, secondo l’invalsa consuetudine, potesse spettare lo stato, poichè per legge n’erano escluse le donne, nonchè i maschi nati innanzi che il padre assumesse la dignità ducale. In difetto poi di un legittimo erede — che tuttavia, malgrado l’usanza, non erano essi astretti a riconoscere — si eleggeva il nuovo duca mediante suffragi per non mettere a repentaglio la libertà dei votanti. Ed era tanta l’autorità di questo supremo consesso, detto il Consiglio generale degli Ordini, che arrogavasi finanche il potere di deporre il proprio sovrano, qualora per le sue prave qualità fosse venuto in odio alla popolazione.

L’eletto esser doveva longobardo, e se non lo era di origine, esserlo almeno dovea per costumi e per legge. E perciò al soglio beneventano si videro ascesi gli Epifanei di greco lignaggio; e lo stesso si avverò negli altri stati longobardi.

I signori di Benevento presero varii titoli, cioè duchi, e poi principi di Benevento, e nelle relazioni e altre scritture, in che si facea menzione delle loro imprese militari, soleano scrivere Longobardorum Gentis Princeps, e al titolo di duca o principe costumavano aggiungere l'epiteto di grande o glorioso o anche eccellentissimo, il che risulta da varii contratti di quei tempi. Ma non è però a negare che dei medesimi tintoli si fregiassero non pochi fra i principali cavalieri della nazione longobarda, come si legge in molte scritture di donazioni al monastero di S. Sofia, ripetute nella cronaca di questo pio luogo pubblicata dall’Ughello.

Delle leggi con le quali fu retto il ducato di Benevento, alcune si dissero leggi longobarde, e autore ne fu Lotario settimo dei re longobardi, che tennero la signoria d’Italia; imperocchè sino ai tempi di questo sovrano, i longobardi non ebbero leggi, tranne assai poche che furono denominate usi. Le nuove leggi di Lotario si dissero or-