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cate e anche presso i vicini, Sziculi o Ucraini, nonchè presso certi Polacchi, gli Slovacchi e i lontani Cechi: il suman o sucman, detto anche ghebă, e il cojoc.

Il primo è di lana, d’un tessuto rozzo ma solido, bruno di colore, senza ornamenti alla superficie, ma terminato da una specie di passamanteria di grosse palle rotonde. Quando è più corto, il suman si chiama bondiță. Ambedue questi mantelli sono chiusi davanti con bottoni di panno grosso presi dentro cappi di filo nero. Nella vicina Transilvania il «somari» non è ignoto.

Il cojoc sostituisce il mantello d’inverno, nella maggior parte delle regioni romene, per non dire in tutte. E’ di cuoio bianco su cui, come si vedrà, risaltano degli ornamenti cuciti con lana, dei più vari colori, che rappresentano tipi di cui parleremo in seguito, quando cercheremo di determinare le forme generali della decorazione. Le dimensioni e il taglio di questa giacchetta di pelle, variano: vi sono in Transilvania dei «cojoc» più corti, senza maniche. In Valacchia si tagliano e si guarniscono più semplicemente, e in generale in questa parte del territorio romeno si vedono molto meno. La Moldavia in genere, ma in ispecie i distretti settentrionali e la Bucovina, presentano le mode più belle: il mantello di cuoio è lungo, scende oltre la vita e la segna, ha un colletto che si può rialzare, e le maniche lunghe, rese necessarie dal clima più rigido. I sarti che fanno questo lavoro abbondano di dettagli ornamentali più che nell’Oltenia; a Craiova una strada intera è riservata a questa antica industria rustica (1). Il pastore porta mia larga giacchetta di pelle con la lana fuori; è la burcă.

Spesso, ma non in tutte le regioni, il contadino romeno è

  1. I vecchi nomi turchi di ipingeà, mantello nero senza maniche, imurluc (mantello corto) si conservano ancora qua e là. V. Damé, op. cit., p. 169, nota 1.