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CAPITOLO I.


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Sotto l’indicazione di arte popolare dei Carpazi e dei Balcani non vogliamo intendere tutto quanto si può trovare in fatto di prodotti d’una tecnica antica, immemorabile, esercitata da contadini o anche da operai dei sobborghi che lavoravano, secondo tradizioni più volte secolari, dalla Rutenia e anche da certe regioni della Polonia fino al capo Matapan e a Creta, dalla steppa ungherese dell’ovest alla steppa russa dell’est. Numerose influenze agirono in epoca storica sul modo di concepire e di lavorare di questi artigiani, che continuavano in quel campo, e con procedimenti semplici, una civiltà più volte millenaria.

Nella lavorazione dei metalli in Dalmazia, nella Bosnia — Erzegovina, nella Macedonia e in vari altri punti della penisola balcanica, si prese evidentemente molto dall’Italia con le filigrane d’argento veneziane, i vasi di rame, gli ornamenti che incastrano la pietra preziosa o imitata nella cornice di metallo, come nei gioielli scito-ellenici e, per derivazione, merovingi. E’ questo un cambiamento essenziale introdotto nella tradizione, e non bisogna occuparsene se non a fine di dimostrare in qual modo e in qual senso si sia manifestata la contaminazione dell’antico fondo perfettamente unitario, formatosi in condizioni naturali ben determinate, e psicologicamente ben riconoscibili, di una sola razza. Ciò può avere un interesse dal punto di vista tecnico, ma non è in questo senso