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quest’arte presso i Romeni; esso infatti presenta talvolta dei fiori imperfettamente schematizzati (1), dei ciuffi di foglie sopra uno stelo oscillante, delle linee che tendono ad arrotondarsi. Tuttavia possiede una grande varietà, individuale, non locale, e una nobilissima discrezione di toni.

Un effetto molto più potente è prodotto dai grandi tappeti dell’Oltenia — e un bellissimo esemplare ne fu regalato al Museo del Trocadero di Parigi. Quando diciamo: dell’Oltenia, non intendiamo parlare delle forme della montagna, poiché vi si incontrano (2), più o meno regolarmente disseminati, i disegni geometrici già noti. Ma nello Jiiu inferiore o Dolj si ha dapprima una schematizzazione molto progredita di motivi presi dalla natura: sugli orli, in linea ininterrotta, è una serie di grandi fiori separati da foglie lanceolate; un secondo orlo è fatto di piccole figure geometriche; in mezzo sembra che si sia tentato di rappresentare dei busti umani con dei triangoli, riuniti a forma di M maiuscola (3). Eccone ora un altro in cui sono largamente penetrate le influenze del lontano Oriente, facendone un inestricabile miscuglio di elementi vari, non geometrici, il cui colore, sparpagliato qua e là, dà l’impressione d’uno di quei prati, fioriti d’una infinita ricchezza di fiori, che la breve primavera della vallata danubiana presenta quando si avvicina alla fine. Accanto al fiore semplificato vi sono dei grandi tulipani, riprodotti fedelmente, poi degli steli flessibili, pieni di larghe foglie; qua e là si può riconoscere la pannocchia pienamente sviluppata del granturco in mezzo a foglie che, curvandosi l’una dietro l’altra, sembrano inseguirsi in una corsa folle. E sorgono degli alberi dai molti rami frondosi, e vasi alla moda persiana lasciano sfuggire il

  1. Come in quello riprodotto da Oprescu, op. cit., tav. XLI.
  2. Ibid., tav. XL.
  3. Ibid., tav. XXXIX.