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CAPITOLO V.


«scorze» e tappeti.

Per la qualità dei materiali, la maniera di fabbricarli, e l’uso al quale son destinati, i tappeti, che il Romeno chiama scorze (scoarțe), velințe (termine slavo) o covoare (singolare: covor) si staccano dai tessuti di cui s’è parlato, salvo i cerge (sing. cergă) dei pastori romeni, che, fatti di lana, hanno come unico ornamento il colore, e corrispondono alle plocade della Valacchia.

Non è possibile assegnar loro nè età nè origine diversa da quella degli altri rami di quest’arte la cui sorgente si perde nei tempi. Il tappeto turco, destinato a ornare la moschea, a stare sotto i ginocchi dei fedeli oranti, a essere inviato in dono ai santuari famosi, non è affatto il loro modello, sebbene, come presto vedremo, abbia influito sulle «scorze» dell’Oltenia. Il tappeto turco di Caramania si basa piuttosto sull’antico tappeto dei Traci, dagli ornamenti geometrici, ed essendo stilizzato si distingue in modo assoluto dal tappeto persiano, che riproduce semplicemente i modelli offerti dalla natura. Ma il prodotto dell’industria persiana ha lasciato traccia sul tappeto turco di Costantinopoli, della Rumelia e della Macedonia, e per via di queste trasformazioni il lontanissimo Oriente potè imporre la sua imitazione ai Romeni dell’Oltenia, ben inteso dopo aver conquistato le altre nazioni cristiane sulla destra del Danubio. In forma più volgare e meno ricca gli corrisponde il tappeto bulgaro-serbo di Pirota.