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che il nome, si chiamava Pia, delicato fiore di virtù e d’ingegno, morta anche lei, Alfonso a vederla fare la scuola bene e con cuore di madre alle sue creature, d’affetto inconsapevolmente fu preso, che i mondani non intenderebbero, d’affetto verginale e purissimo. So che quella pudica, che, nel più bello della giovinezza, come Alfonso si vide anche lei a poco a poco consumare il suo corpo, vicina alla morte, chiamata la sorella le disse: Prega il signor Casanova mi voglia leggere, lui che legge sì bene, qualche cosa dell’Evangelo. E Alfonso lesse, e, quando fu morta, se n’accorò assai, e l’accompagnò a Chiesa, e poi alla memoria di lei dedicò un suo libricciuolo, e le lettere, che quella allorchè era viva su l’andamento del suo asilo avea mandate a lui, conservava come una cosa santa. Una sera, sul tardi, eravamo soli, lui ammalato, e si mise a leggere molte di quelle lettere, e dopo, turbatosi un poco, disse: Dio ci mostrò nella Pia un modello di maestra d’asilo e di subito ce lo nascose, quasi, soggiunse divenendo a un tratto faceto com’era solito, volesse dirci: se le volete, fatevele. Alfonso volle molto bene alla Pia, perciò ch’essa ne voleva molto ai bambini.

E i bambini questo bene d’Alfonso lo capivano, chè, quando era sano e se lo vedevano entrare in iscuola, di subito si rizzavano in piedi facendogli festa, e quelli a cui esso rivolgea una parola o che accarezzava, erano più contenti. E quando infermatosi gra-