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XIII.


«Si ricorda?» Con compiacenza patetica Anna Melvi, quel dì che andamimo alle Grotte, m’aveva chiesto: — «Si ricorda di quando io e Marcella, piccolinie, correvamo innanzi, mentre lei e la signora Eugenia andavano incontro a Moser, e la signora Eugenia portava in braccio Ortensia? Una Madonna! E a chi ci domandava chi era lei, noi non sapevamo che cosa rispondere....»

Io sarei stato, allora, l’amante di Eugenia!

Anna quel giorno lontano pensaa: «Verrà forse l’ora che te ne farò ricordare amaramente». Così pensava per punirmi del mio disprezzo. Io la ferivo; io avevo scoperta e manifestata la sua intenzione di accalappiare Roveni. Guai se l’ingegnere le sfuggisse!

Finchè aveva sperato di sedurlo, la Melvi aveva taciuto: perduta ogni speranza, essa si era proposto di vendicarsi, a un tempo e a un modo, di me, di Ortensia — la rivale preferita — , e di Eugenia, colpevole d’esser la madre di Ortensia. E non era un bel colpo far appunto Roveni strumento della sua vendetta?

Ortensia infatti amava me; dell’ingegnere non voleva saperne. Ma Roveni apprendendo che io ero stato l’amante della madre, troverebbe ben lui la via a impedirle il mio matrimonio con la figliola!

Quante volte Anna Melvi, mentre osservava Ortensia con l’invidia e l’odio di cui è capace una rivale abbattuta, dovevia aver pensato: «Per col-