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— Ortensia non si piegò! Allora prestaste duemila lire a Moser per interporvi ai creditori e dominarli; per impossessarvi di Learchi e aver in mano la rovina di Moser. Ortensia non cedè neppur allora. E voi affrettaste il fallimento, dopo aver falsato i libri della ditta....

A udir questo, Roveni divenne livido fin nelle labbra e fece come un serpe che si raccoglie in sè stesso, incerto se di celarsi ancora o d’avventarsi. Tentò di sorridere; ma fu un sorriso viscido e velenoso; gli occhi bianchi mandarono fiamme. Poscia ricuperò idee e voce:

— È un’insinuazione ridicola!

Io procedevo:

— Impossessandovi anche dell’onore di Moser pensavate: se Ortensia vuol salvare suo padre dal disonore, cederà; se non cede, mi vendico! Ah avere amato, desiderato, aspettato per degli anni, voi, e senza riuscirci! Aver speso duemila lire! Si ha diritto di possedere una bella ragazza per duemila lire!... La vostra vendetta doveva esser degna del vostro amore; della vostra passione!

Roveni rifletteva, senza più sforzo di dissimulare. Adagio, contro la mia irruenza disse:

— E così io avrei dato di cozzo nel codice?

— Non so che pezzo di carta basta a difendervi!

Anche questo mi aveva detto il curatore! Colpo non aspettava colpo. Bisognava fingere di nuovo.

— Benone! — egli riprese. — Ma che tutto ciò è assurdo, che è roba da romanzo, lo prova un’ipotesi molto semplice, molto probabile, che lei si è dimenticato di fare. Le parole grosse mandano a rotoli la logica! È logico supporre che