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Venne finalmente il termine imposto alla lunga perplessità e alla liberazionie — quale si fosse — della schiavitù di me a me stesso.

Ma alla fine dell’anno non ebbi alcuna notizia; solo un biglietto di Eugenia col solo nome: imuto. Perchè mai? Scrissi a Guido; nessuna risposta. Che era successo? Pazientai per tutto il gennaio.

Quando un giorno, gettando a caso lo sguardo su la rubrica finanziaria di un giornale italiano — un giornale di parecchi dì innanzi....

Che freddo mi corsie per tutti i nervi!: come a un colpo mortale! Rimasi un istante stordito, con lo smarrimento in cui la mente cade alla rivelazione di un fatto terribile che si sarebbe dovuto prevedere. Poi rilessi:

C. Moser, fabbrica di laterizi, Valdigorgo. — Ha chiesto la moratoria.

Ma era una grande sventura! Claudio era rovinato! Un presentimento certo rispondeva adesso in me al presentimento oscuro di due anni e mezzo avanti, quando avevo detto a Ortensia: «Se mai la sventura passerà sul tuo capo....» Claudio, i suoi, pativan già tutte le angosce di un rovescio di fortuna!

Che potevo, dovevo fare? Quel che Claudio avrebbe fatto per me se mi avesse saputo in disgrazia. Oh! forse già Ortensia aveva pensato: — Sivori ci abbandonerà anche lui! — ; forse aveva già detto alla, madre: — Sivori vi abbandonerà anche voi!

Partire, subito!

Partii, infatti, quella sera stessa, perchè a casa trovai una lettera di Guido che accresceva i miei