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rità, affermando che, in generale, l’uomo si crea e si modifica d’intorno l’ambiente, secondo le proprie intime convinzioni, e, specialmente, secondo lo stato dei suoi pensieri, dei suoi desideri, dei suoi affetti, delle sue visioni, come diceva più su, nel caso particolare dei miei due giovani amici.

La vita ch’essi hanno vissuto a Felleria è una vera bohème; io che la conosco in tutte le sue minuzie, che l’ho provata, semplicemente per capriccio, e che ho riso tanto volentieri studiandola, non posso far a meno, nel ricordarla ora, di ripensare a tutte le fatiche ch’essi hanno sopportato, correndo magari su giù per le montagne con un carico di legna sulle spalle, trasportando i telai, le casse dei colori, le coperte, pur di risparmiare qualche soldo; e tutto per una finalità grande, disinteressata; poichè il loro scopo è sempre stato quello di far l’arte per l’arte, togliendosi dal manierismo volgare, per riprodurre, il più possibilmente vera, la natura nella sua selvaggia orridezza.

Molti altri pittori, mi vorrà osservare qualcuno, hanno studiato la montagna così davvicino e così profondamente, e non è il caso di portare in palma di mano questi, che non hanno fatto che battere una via già da altri segnata. Ma gli altri, anzi siamo più precisi, la maggior parte degli altri, godevano, relativamente, sull’alpe le comodità della vita; incominciavano a farsi portare, in pezzi numerizzati, pagando lautamente il trasporlo, la propria casetta di legno, e, una volta