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dagli Orsenigo. 33

gliuolo più della luce degli occhi, e, se ho a dirla, del debito. Vederselo vicino l’era unica gioja nell’austera vedovanza, unico desiderio nella onesta vecchiaja, che conchiudeva una vita operosa e sacrificata. Eppure, quell’affetto, pieno di disinteresse e d’abnegazione, temeva tanto di rendersi importuno, temeva tanto d’impedire, col soddisfarsi, qualche capriccio o qualche piacere del figliuolo, non foss’altro col ritegno, che il coabitare con la madre impone, sempre; ch’ella era stata prima a suggerirgli di prendere un quartiere separato: - «Staresti troppo lontano dalla caserma, qui. Con la caserma a San Pasquale a Chiaja, sarebbe d’incomodo serio per te, per l’ordinanza, l’abitare al Corpo di Napoli. Massime, che non ci abbiamo scuderia; e ti dovresti separare da’ cavalli... No! Non voglio pretender questo sacrifizio; sarebbe egoismo. No, caro figliuol mio, io non posso comperare, col danno tuo, la soddisfazione d’averti meco. Vientene a vedermi, spesso, questo sì; vieni, sempre che le tue occupazioni ti lasciano un po’ di libertà. Ed anch’io verrò, spesso, a sorvegliare se tutto cammina in regola a casa tua. Così, pure, avrò un’occasione di far quattro passi, senza la quale non uscirei; e, sai? il medico mi raccomanda, sempre, moto, moto, moto!» -