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110-139 CANTO XXIII 253

110che rose ha fra le dita, comparve. Agamènnone allora
uomini e muli spedí, trascelti da tutte le tende,
che raccogliessero legna. Meríone ad essi era guida,
d’Idomenèo cortese scudiere, valente campione.
Mossero quelli, in pugno stringendo le scuri affilate,
115le bene attorte funi: dinanzi marciavano i muli.
Mossero a lungo, di su, di giú, di traverso, di fianco:
ma, giunti infine ai piedi dell’Ida frequente di polle,
quivi l’eccelse querce tagliaron col bronzo affilato,
sollecitando il lavoro. Le querce, con alto rimbombo,
120precipitarono a terra. Gli Achei le tagliarono a pezzi,
le caricaron sui muli. La via divoravano questi,
ché dalle dense macchie sboccare volevano al piano.
E tutti i taglialegna portavano ceppi: ché questo
Meríone imposto aveva. Poi, giunti alla spiaggia, le some
125l’una vicina all’altra gittaron: ché un tumulo grande
qui designato Achille per Pàtroclo avea, per sé stesso.
     Poi ch’ebber d’ogni parte disposti gl’innumeri tronchi,
quivi sederono tutti, raccolti in attesa. Ed Achille
súbito impose ai suoi Mirmídoni vaghi di pugne
130che si cingessero l’armi, che sotto il suo cocchio i corsieri
ponesse ognuno. E quelli, levatisi, cinsero l’armi,
e sopra i carri poi salirono aurighi e guerrieri.
I cavalieri innanzi: seguiva il gran nembo dei fanti,
innumerabile: il corpo defunto recavan gli amici,
135e coi capelli tutta la salma coprian, che, recisi,
su vi gittavano. Il capo reggeva di dietro il Pelíde,
pien di cordoglio: ché all’Ade spediva il suo puro compagno.
Quando poi giunsero al luogo che aveva indicato il Pelíde,
qui lo deposero, e intorno gran mucchi v’alzaron di legna.