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denza non mi fu più dato di frenar me stesso, e gli gridai: “Via di qua, ingratissimo uomo, e non contaminar più casa mia colla tua perfidia. Via di qua, e ch’io non ti rivegga sul mio uscio mai. L’unico gastigo ch’io ti so imprecare è il rimorso che ti roda la coscienza.”

Ciò detto, gli gittai il portafogli: lo raccolse sorridendo, ne serrò a bell’agio la borchia; poi con aria serena se ne partì, lasciando noi attoniti in vederlo sì franco. La rabbia di mia moglie era che nulla lo avesse irritato o fatto vergognare delle sue guidonerie. “Donna mia,” le diss’io bramoso di calmare la troppa nostra iracondia, “non ti maravigliare se i ribaldi non senton vergogna; eglino non arrossiscono che allora quando altri coglie loro in alcuna onesta azione; ma de’ vizi si gloriano i tristi.” Il Delitto e la Vergogna erano un tempo compagni, racconta l’allegoria, nè sul principio del loro viaggio li vedevi mai separati. Ma non andò guari che una tale unione increbbe ad entrambi come sommamente incomoda; cagionando il Delitto frequenti volte assai pene alla Vergogna, e questa palesando tratto tratto i segreti macchinamenti dell’altro. Dopo molti disgusti vennero nella determinazione di dividersi per sempre. Il Delitto proseguì la sua via a passi risoluti e pieno d’ardimento onde raggiugnere il Destino che lo precedeva in forma d’un manigoldo; ma la Vergogna timida per natura, tornò indietro affine di accompagnarsi alla Virtù lasciata alle spalle a bella prima. Di tal maniera, figliuoli miei, dopo che gli uomini hanno camminato alcun poco per la strada de’ vizi, Vergogna gli abbandona a se stessi, e si pone soltanto a guardia delle poche virtù che ancora ne’ petti loro rimangono.”