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capitolo decimoquarto. 79

stesso aver cura del loro contegno, ed informar noi per lettere de’ loro diportamenti. Ma stimato essere d’estrema necessità ch’elle dovessero comparirvi in maniera corrispondente all’altezza delle speranze loro, pel quale provvedimento vi voleano quattrini, si dibattè in pieno consiglio sopra i mezzi più acconci per ragunarli, o, per dirla schiettamente, si esaminò qual cosa più convenisse di vendere. Presto si venne nella determinazione di spacciare l’altro cavallo, il quale, così scompagnato come era, riusciva inutile all’aratro, e mal atto ai viaggi per esser losco. Lo si sarebbe dunque condotto al mercato prossimo, al quale andar doveva io medesimo, onde non rimanere un’altra volta gabbati. Sebbene quello fosse di tutta mia vita il primo passo in mercatura, pure non dubitava io di poter compiere la mia commissione onorevolmente. Dalla poca o molta prudenza di quelli coi quali convive, l’uomo tace gli argomenti per istabilire quale opinione aver debba della propria prudenza; ed in famiglia esercitando io d’ordinario la mia con alcuna superiorità, mi pareva di conoscere ogni gente al fiuto, e me ne ringalluzzava tutto. Ciò non per tanto, il dimane, quand’io era già uscito della porta e messomi per alcuni passi sulla via, mia moglie mi chiamò indietro per fischiarmi sotto voce: “Bada a te; sta’ coll’occhio teso, acciocchè non te l’accocchino.”

Secondo l’uso de’ mercati, come vi fui giunto, feci correre in su e in giù per la piazza il mio cavallo a pian passo, al trotto, a galoppo; ma per alcuna pezza non apparve offeritore. Uno si accostò finalmente che esaminato d’ogni banda il cavallo e trovatolo senza un occhio, non esibì una crazia: venne il secondo; ma osservando che quello aveva uno spavento alle gambe, disse che non lo avrebbe comperato neppure pel solo fastidio del menarselo a casa: un terzo si accorse d’una spinella, e voltò le spalle: un altro inferì dall’occhio che il cavallo avesse dei vermi negl’intestini: e il quinto, più petulante, si ma-